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Immagine ravvicinata di un gatto

L’origine e la storia del paradosso del gatto di Schrödinger

3 min di lettura
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Consigliato da Gourmet

Tutti ne hanno sentito parlare ma forse solo pochi sanno spiegare il cosiddetto paradosso di Schrödinger, che per illustrare i limiti della meccanica quantistica ha chiamato in causa un gatto, che nello stesso momento è sia vivo che morto. Ecco la storia del famoso paradosso.

C’è un gatto del quale tanti parlano, ma di cui probabilmente solo pochi conoscono la storia. Si tratta del gatto di Schrödinger, fisico austriaco vincitore del Nobel per la fisica nel 1933, che in realtà non possedeva un gatto, ma lo ha invece reso protagonista di un esperimento mentale che è stato battezzato “paradosso del gatto di Schrödinger”.

L’esperimento di Schrödinger

Schrödinger ha immaginato appunto un gatto dentro una scatola sigillata e, insieme al gatto, un meccanismo che, nell'arco di tempo in cui il gatto sta nella scatola - ovvero un’ora - può scattare e causare il rilascio di un veleno (letale per il gatto) oppure no, con uguale probabilità. Non importa cosa possa fare scattare il meccanismo, si sa solo che la probabilità che succeda è pari al 50 per cento, tanto quanto quella che non succeda.

L’indeterminazione

Chi osserva la scatola dal di fuori non sa cosa succede al suo interno e quindi, dopo un'ora, non è in grado di dire se il gatto sia vivo o morto: al massimo può dire quale è la probabilità di ciascuna delle due situazioni, ovvero il 50 per cento per ognuna. Siamo quindi in una condizione di indeterminazione nella quale non si conosce la sorte del gatto. Ovviamente, per sciogliere il dubbio, l’unica cosa da fare è aprire la scatola e guardare dentro: nel farlo l'indeterminazione viene meno e si acquisisce una certezza circa lo stato del gatto. Fin qui niente di strano.

Il paradosso

Se però si adotta un punto di vista diverso e alquanto bizzarro, le cose cambiano: poiché non è dato sapere se il gatto dentro la scatola è vivo o è morto allora, per non arrendersi del tutto alla propria ignoranza, è lecito dire che il gatto è contemporaneamente vivo e morto, con la stessa probabilità. E proprio questo è l’assunto alla base del paradosso di Schrödinger. Ovviamente, fino a che si parla di un gatto è chiaro che l'idea di considerarlo come vivo e morto nello stesso tempo non ha alcun senso. Quando però si parla delle particelle di cui sono fatti gli atomi - cioè gli elettroni, i protoni - allora l'idea strampalata di pensare che si possano trovare nello stesso istante in tanti stati diversi si rivela quella vincente per spiegare i fenomeni che le coinvolgono.

Gli effetti quantistici portati nel mondo macroscopico

Il paradosso del gatto di Schrodinger consiste quindi nel fatto di riproporre queste strane idee che funzionano molto bene per le particelle atomiche (il mondo microscopico), a oggetti o creature del nostro mondo ordinario (il mondo macroscopico). Parlare di gatti che possono essere vivi e morti allo stesso tempo è certamente paradossale, però si tratta per l'appunto di un paragone fatto apposta per evidenziare la stranezza del comportamento delle particelle atomiche: se un gatto si comportasse come loro allora si potrebbe considerarlo vivo e morto nello stesso tempo. In realtà le strane regole delle particelle atomiche non valgono per i gatti e per tutti gli oggetti del mondo che ci sta intorno, e quindi il paradosso del gatto di Schrödinger è solo un modo colorito per far capire che il mondo degli atomi è davvero un altro mondo dove succedono cose molto diverse.